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1935, scacchi Italia

1935, scacchi Italia

Scacchi ``Italia``, legno, verniciati e ponderati, Re 8,7 cm

Scacchi del regime fascista di Mussolini riprodotti dai disegni presentati sul fascicolo di marzo 1935 de L’Italia Scacchistica dal fiorentino Guido Angelo Salvetti. Il regime fascista li fece realizzare per evitare di utilizzare i pezzi inglesi Staunton e i francesi Régence e promuovere una produzione autarchica. Il set venne distribuito nei circoli scacchistici e praticamente scomparve nel dopoguerra.
Il deposito della domanda del modello venne fatto da Stefano Rosselli Del Turco, presidente della Federazione scacchistica italiana, il 20 aprile 1935 e comparve in Gazzetta Ufficiale n. 7 del 10 gennaio 1936.

Sul set autarchico italiano leggi La marcia su RomaGli Scacchi autarchici di Roberto Cassano, Scacchi italiani per scacchisti italiani di Riccardo Moneta.
Vale la pena ricordare un episodio del 1939 in cui Antonio Sacconi (1895 – 1968), dirigente dell’Accademia Scacchistica Romana, il più antico circolo italiano nato nel 1819, schiaffeggiò un gerarca fascista il quale, entrando nella sede dell’Accademia in piazza Colonna, ove si svolgevano le partite del Campionato italiano, definì gli scacchi “un gioco da femmine”   L’Opera Nazionale Dopolavoro sospese Sacconi da tutte le competizioni sportive. Poté riprendere l’attività agonistica soltanto nel 1946 vincendo il Torneo Magistrale di Roma. Anche il Circolo romano fu sanzionato dal regime: privato della sua sede, poté riaverla solo nel dopoguerra.

Sempre a proposito degli Scacchi Italia:

[…] Accadde tra una guerricciola e un’altra, non ricordo se contro la Spagna, l’Abissinia o l’Albania, d’autorità ci fu assegnata una sede dal dopolavoro. Il buon Stalda che fungeva tra trait d’union tra quell’organizzazione e noi, per essere di carattere remissivo si sforzò di persuadere sé stesso e gli altri che quella soluzione era accettabile. “Basta saver far, i no darà queo che volemo”, diceva ma non sembrava molto persuaso.
Andammo a vederla quella nuova sede, era situata in Campo Santa Margherita sulla sinistra, un po’ in fondo, venendo dal Rio Terra Canal. Consisteva in due camerette oscure, col soffitto basso, al primo piano di un vecchio edificio. D’estate forse si stava freschi, ma d’inverno batteva la tramontana. Se non bastasse uno di quei dirigenti ci fece capire che era “patriottico” che si giocasse con un nuovo modello di scacchi. Basta con la esterofilia! Autarchia ci voleva! Il modello impostoci, se non era etichettato littorio era giù di lì o peggio. Pezzi squadrati, rozzi e inespressivi. Ce li trovammo brutti e pronti in dotazione con l’aggiunta di alcune scacchiere di tela cerata. In quella spelonca durammo pochi giorni; poi, a furor di popolo, tornammo all’Omnibus, il quale, seppur invaso da effluvi ammoniacali, aveva una sua poetica, non mancava di colore locale (veniva a prendere il caffè la signora C. … detta “la bella di Rialto”), ci consentiva di giocare con i Régence, con gli Staunton, rotti e sporchi, ma Staunton perdio! Inimitabili […] (da Giuseppe Turcato, Cronache del Caffè degli Scacchi, Venezia, 1981)

Cavalli scacchi Italia. I pezzi sono ponderati con la base rivestita di cartoncino verde.

Il disegno degli scacchi Italia di Guido Angelo Salvetti su L’Italia Scacchistica del marzo 1935.

Nel 1936 Clarice Benini (1905-1976) si classificò seconda al Torneo internazionale femminile di Semmering, Austria. Aveva iniziato a giocare nel 1934, l’anno in cui a Londra Aurora Tasselli, di chiara origine italiana, si aggiudicava il torneo Juniors Girls e Alice Tonini si affermava nel campionato femminile di Parigi. Nel 1937 Clarice Benini vinse l’argento al Campionato del Mondo femminile di Stoccolma, dal 31 luglio al 15 agosto. Solo allora l’Italietta del Duce si piegò a organizzare i Campionati Italiani femminili, a Milano dal 18 al 24 aprile 1938, vinti da Clarice Benini seguita da Nelly Lanza.

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Negli anni Venti i sovietici fecero degli scacchi eterodossi, i Victrix. Anche gli inglesi produssero il loro gioco militare,  L’Attaque The Game of Military Tactics A Rival to Chess. Nel 1940 i nazionalsocialisti idearono i Wehr-Schach o anche Tak-Tik (Tattica), gioco militare in bachelite e vetro con aquile imperiali, cannoni, bombe carri armati. Sugli scacchi eterodossi vedi anche 1939 il gioco reale italiano degli scacchi “La Battaglia”.

A Napoli nel 1772 Filippo Marinelli raccomandava una sorta di scacchi a tre mani da lui stesso inventato ne Il Giuoco degli Scacchi fra tre.  A Londra nel 1740 andò di moda per un breve periodo una forma allargata del gioco con una scacchiera di quattordici case per dieci. Vi fu poi nel 1793 l’opera Il Giuoco della Guerra dell’avvocato genovese Francesco Giacometti.

In essa viene descritto un gioco modificato degli scacchi ad uso dei militari, con tanto di pezzi denominati Generali, Cannoni, Mortai e Fortezze al posto dei pezzi classici. Pochi anni prima, 1747 ca, il III° Duca di Rutland aveva inventato a Londra un gioco su 140 caselle sul quale si erano divertiti in una partita anche Philidor e Stamma.
Anche Pietro Carrera, autore de Il Gioco de Gli Scacchi, Diviso in Otto Libri (1617), inventò una variante del gioco (foto sotto) su una scacchiera 8×10 alla quale furono aggiunti due nuovi pezzi, il “Campione” (una combinazione delle mosse della torre e del cavaliere) e il “Centaurus” (una combinazione delle mosse dell’alfiere e del cavaliere ).

 SET SUCCESSIVO

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